Helfrid P. Wetwood - PARADISE



Perché no?”. 

Questa la domanda che ha guidato la lettura di PARADISE, l’ultimo allucinogeno romanzo di Helfrid P. Wetwood, falso nome di persona reale che mai come in questo caso si lega squisitamente ad un racconto di un mondo che… “Perché no?” 

Ammetto prima una cosa: ne ho le balle piene di chi, per raccontare la realtà, pessima, che ci circonda tende a caricare la narrazione diretta o metaforica di elementi pulp, raccapriccianti, per il solo gusto di dimostrare al mondo il proprio essere artista di rottura… maleducato… ribelle… cari scrittori, a me e a milioni di lettori non interessa vedere quanto ce l’avete lungo, siamo come voi inseriti in questo pazzo circo chiamato “vita” e capita che ne abbiamo viste molte di più e ancora di più (e spesso meglio) potremmo raccontarne se solo ci venisse data possibilità. 

Quindi il pensiero di leggere un romanzo dove il Governo cerca di riprendere il controllo dell’ex metropoli dell’amore oggi in mano ad un insolito gruppo di malviventi sanguinari che rispondono ai nomi di Babbo Natale, Biancaneve, Pinocchio, Sette Nani, Cappuccetto Rosso, Cenerentola e il Coniglietto di Pasqua… non è che mi facesse impazzire… ammetto.

Perché no?”, mi è risuonato in testa però. E così ho ceduto.

Helfrid P. Wetwood pattina quindi coscientemente e costantemente sul filo del mio vaffanculo, ma incredibilmente si salva sempre, confezionando un’opera di velocissima lettura, che masticherete e (non) digerirete in poche ore, incuriosite e incuriositi dalla missione speciale di questo scazzatissimo ambasciatore (da poco separato) che dovrà trattare la resa con quei pazzi (ex) personaggi delle fiabe ora dediti ad ogni tipo di commercio illegale.

Sullo sfondo una metropoli distopica divisa in zone di “competenza criminale” da questi simboli di perduta "innocenza animata", simboli una volta puri che lo scrittore degrada non soltanto a luride creature (rischiando, se fosse solo quello, il mio vaffanculo di cui sopra), ma sapientemente ponendoli anche come controparte necessaria per l’esistenza del "resto del mondo" (solo apparentemente candido).

Ed è questa la questione più interessante se riportiamo il cursore dal quadrante della fantasia a quello della realtà, dal libro al nostro oggi: quanto, nei fatti, è concesso allo Stato di “patteggiare” con potenze “criminali” per tirare avanti il carretto preservandosi agli occhi dei cittadini come "meno peggio"?

Nella follia sconnessa di questi ex-personaggi-fiaba troviamo che quel “meno” cade a favore di un “peggio” inenarrabile: lo Stato e i suoi antagonisti appartengono, ormai, alla stessa razza. Uno serve agli altri e gli altri servono all'uno in un gioco (dicesi “politica” che qui è “trattativa”) dove il “banco” (Potere) vince sempre e comunque, che accetti o meno, che si vinca o si perda, sotto un Presidente in doppio petto o un coniglietto puffoso quanto cocainomane. 

Per questo PARADISE è più incubo che paradiso, più reale che fiction. 
Per questo è un bel libro e Helfrid P. Wetwood un bravo scrittore.

Perché no?”, lo dico e lo ripeto.

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