Pino Casamassima - I Sovversivi, morti impugnando un'arma



Il cognome "Casamassima", quando si parla di giornalismo d'inchiesta riguardante gli "anni di piombo" è sinonimo di altissima caratura, oltre che stilistica, per il tratto godibilissimo della penna, soprattutto per l'onestà intellettuale verso il lettore, sempre garantita ai massimi livelli.

In una nazione che sembra incapace di leggere quei tumultuosi anni se non nell'ottica del complotto costante, ciclicamente attribuito al Mossad, alla CIA, al KGB, al "grande vecchio", al "super killer", un giornalista che rimane squisitamente, quanto ossessivamente, adeso alle sole ed uniche "prove provate" (cioè quelle processuali) intrecciandole con la viva voce dei protagonisti (quelli ancora in vita, quelli che si fanno intervistare), si dimostra una risorsa preziosa, se non vitale.

Sinceramente vi confesso d'aver letto quasi tutti i libri di questo autore e d'aver fatto fatica a scegliere quale recensire. Sono tutti molto interessanti ed esaustivi. Detto ciò, questo I Sovversivi - Morti impugnando un'arma, l'ho trovato, diciamo, illuminante!

Il perché è presto detto: i protagonisti, le morti narrate in questo veloce libretto (180 pagine, ed. Stampa Alternativia) sono tutte radicate nella vita reale, quella di tutti i giorni, indagata dallo stesso Casamassima, incontrando i luoghi della loro giovinezza spezzata, percorrendo le stesse strade, incontrando parenti, amici, testimoni.

Insomma, cosa più unica che rara in Italia, l'autore ci racconta che questi disgraziati giovani che sognarono, contro ogni razionalità tattica/militare, di rovesciare in armi un armatissimo Stato, non erano alieni calati da un altro pianeta, non erano killer seriali scappati dai manicomi, ma piuttosto erano semplici "figli", "fratelli", "compari", "studenti", "colleghi", "fidanzati", "fidanzate"... cose che anche noi siamo stati o siamo tutt'ora.

Capiamoci, Casamassima non fa MAI (seppur lui fiero Comunista che odia la parola "Sinistra") l'apologia delle sventurate scelte poste in essere da questi protagonisti della Lotta Armata, ma piuttosto preferisce spostare l'attenzione su di un particolare assolutamente necessario se si vuole affrontare qualsiasi tema "storico", cioè l'analisi degli avvenimenti, scevri il più possibile dalla cappa dell'ossessivo "tribunale delle ragioni e dei torti".

Ecco che così possiamo entrare in contatto con la vita (e la morte) di protagonisti spesso, troppo spesso, lasciati nell'oblio da una produzione editoriale sempre e solo "Moro centrica": Walter Alasia, Barbara Azzaroni, Matteo Caggegi, Lorenzo Betassa, Riccardo Dura, Annamaria Ludmann e Piero Panciarelli.

Storie di quotidiana rivoluzione, tentata (spesso goffamente e sempre con esiti disastrosi) da persone qualunque. Un particolare, questo, vitale, che pone il boccino della ricostruzione Storica su di un punto che, a metà degli anni '80, divenne poi ragione (poco diffusa e convinta) di ripensamento da parte di settori "progressisti" di quello Stato che il complesso e diversificato fenomeno chiamato "terrorismo" voleva abbattere.

Perché, che piaccia o no, Walter, Barbara, Matteo, Lorenzo, Riccardo, Annamaria, Piero e tutti gli altri erano spesso figli, sorelle, fratelli, cugini, ex amati, compagni di politica e di gioco di esponenti dell'odiato Partito Comunista Italiano, di quello "fascista" della Democrazia Cristiana, addirittura di militari d'alto rango... insomma, erano tutti parte dell'iconico "Album di famiglia" di rossandiana memoria.

Questi morti e i morti che hanno lasciato sul selciato, quel selciato che Casamassima ha percorso, da bravo giornalista, consumando le suole per portarcelo vivido in questo suo bel libro, sono "cosa nostra", è la nostra Storia, insomma, e oltretutto, come se non bastasse, la Storia torna sempre.

Per questo consiglio la lettura di questo libro.
Perché nulla è mai finito, se non ci vogliamo voltare altrove ovviamente.
E questo sì, in questa Tragedia tutta italiana, sarebbe l'ennesimo delitto.








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