Roberto Riccardi: Legame di Sangue




Ammetto di non essere un grande fan del giallo poliziesco all’italiana. O meglio, non impazzisco per la sua trasposizione televisiva e cinematografica, soprattutto se il tutto è ambientato nelle terre del sud, luoghi bellissimi che però conosco poco e che quindi non riesco mai “a fare miei” come invece mi capita (ovviamente) con i lavori del co-milanese Scerbanenco, per esempio.

Però c’è un però, anzi doppio: prima di tutto questo Legame di Sangue di Roberto Riccardi ha vinto il prestigioso Premio Tedeschi 2009, secondariamente ci troviamo di fronte (finalmente) ad un professionista che parla da professionista della sua professione (contorto ma reale).

Riccardi è infatti nella vita di tutti i giorni Tenente Colonnello con la passione per la scrittura, un dono che esercita in maniera fluida e accattivante, tessendo una storia che, pur legandosi alla tradizione tipicamente camilleriana, ha elementi di vivace e solida freschezza.

La mafia al centro della sua Sicilia e tutto intorno persone che comunque continuano a battersi per la legalità in una selva di impenetrabile omertà giocata sul filo degli sguardi che spuntano come stelle dalle vetrine dei bar e dei negozi.

Spina dorsale del racconto pure una storia d’amore tormentata dalla lontananza (forse ciò che più ricorda il nostro Montalbano nazionale) e da un’affascinante giornalista di cronaca nera che non molla l’osso nemmeno sotto tortura, sia nella professione che nei sentimenti.

Tutto sommato un libro che fa il suo dovere senza fuochi artificiali, insomma il suo sporco lavoro, come è quello di chi combatte ogni giorno per le strade contro gli incubi della nostra società.

Consigliato.

A margine un pensiero anche per il mini racconto di Gaia Conventi, La morte scivola sotto la pelle, presente in appendice nella economica edizione dei Gialli Mondadori, vincitrice del premio Gran Giallo Città di Cattolica: il racconto mi ricorda troppo il Gatto Nero di Edgar Allan Poe, mischiato con la psichiatria di Misery non deve morire.

Insomma, indubbia freschezza nel modo di raccontare e meno nei contenuti.

Peccato.

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