Una corsa a perdifiato tra le strade di un’Africa tra il moderno e le sterminate praterie. Un uomo di colore, gigantesco, a cavallo di un’indomabile moto. Alle spalle un passato di violenza, nella mente la voglia di pace e davanti gli occhi un vecchio amico rapito per via di un hard disk pieno d’informazioni compromettenti per il futuro del Continente Nero.
Arrivo su questo libro dalla delusione lenta, snervante di Macno e questo masterpiece del cinquantunenne scrittore proveniente dal Sud Africa, Deon Meyer (citato come “hailed as South Africa's best crime thriller writer”) sembra una doccia fredda, come solo d’estate uno può godersela (il libro è stato infatti comperato nella ben calda Puglia garganica).
Veloce, emozionante, umano, senza una pausa. Insomma una spremuta d’azione e oltretutto anche di storia africana attraverso i suoi anni oscuri: strascichi di Apartheid lottata tra servizi segreti, l’ombra di quello che è rimasto del disciolto KGB e pure una spruzzata di terrorismo islamico.
Insomma vere e proprie pagine d’azione mai e dico mai banali, se non altro perché l’autore, prima di scriverle, ha passato diverso tempo in compagnia delle varie etnie raccontate (xhosa, zulu, tswana, ndebele, sotho) per capire bene come rappresentare al meglio il tutto.
Una lettura assolutamente piacevole, se non ottima. Anche se il finale spiazza. Ulteriore dono. Un gioiello.
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