Pekka Himanen - L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione






Ho scritto la recensione più e più volte in cerca della non banalità, ma niente: signori e signore, questo libro mi è proprio piaciuto, nessuna esagerazione... e con tutta sincerità questo mi ha sorpreso non poco!

Perché? Beh è abbastanza facile da spiegare.

L'idea che mi ero fatto di questo L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione, quando lo vidi spuntare tra i regali (richiesti) di Natale, era quella d'essere al cospetto del solito libricino di rivendicazione contro il mondo, condito con sproloqui sociologici e altre amenità al gusto tecno-ascetico.

Mi sbagliavo, per fortuna...

Mi sbagliavo perché non conoscevo che il termine "hacker" di solito è confuso con la sua concezione più outlaw e distruttiva, cioè "cracker". E quindi ignoravo che il vero significato, almeno secondo l'autore Pekka Himanen, docente all'Università di Helsinki/Berkeley, risiedesse nel concetto di "passione", un concetto che amplia il termine "hacker" a qualsivoglia persona pratichi con passione, dedizione e studio un'attività.

Quindi "hacker" non è più, o non è mai stato, il balordo che ci ammazza i computer e le pagine web, no, "hacker" era mia nonna quando faceva stupende sculture in cuoio, "hacker" è mio padre con la sua esegesi religiosa, è "hacker" il pizzaiolo egiziano che sotto casa mia ama il suo lavoro e fa una pizza da cinque stelle... insomma "hacker" è la parte più nobile della nostra natura di "bestie creative".

E questo, ovviamente, include anche gli appassionati d'informatica al quale questo libricino fa espresso riferimento.

Altra cosa che mi ha spiazzato positivamente sono le tematiche trattate: non generali rivendicazioni contro il codice chiuso, le multinazionali e cose simili, bensì un'analisi dell'etica "hacker" (gli usi, i costumi e gli ideali) rispetto all'impostazione che da secoli regna nel processo economico mondiale, qui definita con il termine "etica protestante".

Riassumendo molto, l'etica protestante nasce, ovviamente, con il protestantesimo e ha il suo apice nel modello economico anglo-capitalistico che dal vecchio continente ha poi investito tutto il mondo.

In soldoni questa etica dona al lavoro la centralità della vita, scalzando o addirittura condannando elementi che invece la cultura pre-scisma aveva a cuore (il riposo, il lavoro come pena necessaria, la domenica da onorare, le feste e così via).

L'Hacker con i suoi tempi sovrapposti (notte con giorno) e dilatati (oltre il timbro del cartellino, fino alla nausea) diventa un'alternativa interessante ad una società votata al valore del "lavoro in sé", che ha il suo perno nell'eterna flessibilità del lavoratore non alle proprie passioni, ma alla macchina produttiva.

Insomma, 139 pagine facili facili che superano il soggetto del libro per interrogare direttamente il lettore: quanta passione abbiamo nelle cose che facciamo quotidianamente? Siamo noi i padroni del nostro lavorare o viceversa? Il denaro, che peso ha nelle nostre esistenze? Il riposo? Gli affetti?

Un libro che va oltre la copertina e che vale molto di più di quei 7 euro che intravedo da sotto l'etichetta copri prezzo...

Cattivo e sbircione, direte.
No... si dice "cracker", eh!

Buona lettura a tutti, veramente.

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